Di sicuro non sono solamente i sintomi della persona ammalata di Alzheimer o demenza che determinano le scelte da fare perché, se così fosse, ci sarebbe un “iter” uguale per tutti ma, nella realtà, non è così. Ci sono persone che optano per una nutrizione artificiale e altre no, ci sono persone che optano per una badante e altre che assistono da sole 24 ore al giorno, e così via. C’è una diversità infinita nei modi di accudire. Allora cosa determina le nostre scelte? Cos’è che si “rompe”? Ciò che si rompe è “l’equilibrio”. Finisce lo spazio, finiscono le risorse. Ci rendiamo conto che non siamo “illimitati”, che per quanti sforzi possiamo fare, le abbiamo provate tutte, ma dobbiamo lasciare andare. Dobbiamo arrenderci al fatto che l’Altro ha la sua strada e che ha bisogno di un’assistenza che noi, non siamo più in grado di dare. Non siamo in grado significa che scegliamo di smettere di dare “tutto” e cominciamo a dare cose diverse. Smettiamo di vedere l’altro per come ce lo ricordavamo e lo osserviamo per come è ora, in questa fase di malattia. Un caregiver di 85 anni decise di ricoverare la moglie in struttura dopo un crollo vertebrale e un’ischemia. Forse avrebbe potuto continuare ad alzare la moglie, a lavarla, ecc… Ma ha scelto di esserci in un altro modo. Come ha fatto? Come ha preso questa scelta? Cosa gli è costato?